The academic year is going to start again soon, and we are embarking on this new journey with happy news!
In August 2022, our Giulia Latella won a full scholarship at the University of Navarra! Giulia's academic profile caught the interest of the outgoing Dean of the School for Business and Economics, Ignacio Ferrero, who is one of the business ethics professors. In the past, he was also the thesis coordinator of Marta Rocchi. This scholarship covers Giulia’s entire doctoral program of 3 years in all.
Just a few days ago we also received another great news: the research project that Giulia is developing with Luca won the most prestigious prize the Vatican awards for research in social ethics: the "Centesimus Annus" Award! There will be a ceremony of conferral by Cardinal Reinhard Marx and Giulia will be received by Pope Francis together with the participants at the ceremony. This prize is a research scholarship of 20.000 euros that will support Giulia in the immediate future.
Finally, a nice encouragement is that the paper on Adam Smith’s notion of the virtue of prudence made fruitful for the e-commercial society that Martin, Marta Rocchi, and Richard Turnbull had submitted to the conference of the Irish Academy for Management was nominated as the best paper in CSR, Business Ethics, and Sustainability.
Happy to share these latest good news with you, soon on our page we will communicate info and dates about our upcoming webinar series on Empowering People!
L’ultimo contributo della nostra Rubrica è, senza farlo apposta, una sintesi dei principali temi dei nostri appuntamenti precedenti. Vi anticipo, con un piccolo spoiler, che ci occuperemo un po’ più da vicino delle soluzioni innovative che la tecnologia blockchain offre per la governance di risorse comuni (common pool resources). Blockchain, governo (e quindi norme), bene comune: come vedete sono concetti ormai familiari!
Durante l’ultima lezione del corso di dottorato di Epistemologia presso la Luiss Guido Carli, il prof. Giacomo Sillari ha invitato ciascun studente a presentare un articolo alla classe. È stata un’esperienza molto interessante, ed anche un po’ emozionante, perché è stato uno dei primi “esperimenti” nella lunga gavetta per diventare, un giorno, prof. L’articolo che ho approfondito, e del quale voglio condividere con voi alcune idee, si intitola "Blockchain for the Governance of Common Good" (Philémon Poux, Primavera de Filippi e Simona Ramos). L’idea dell’articolo è la seguente – ed alquanto interessante: la blockchain come supporto alla governance delle risorse comuni, o common pool resources.
Vi ricorda qualcosa questo termine? Ne abbiamo parlato qualche settimana fa, a proposito del lavoro di Elinor Ostrom, prima economista donna a vincere il Premio Nobel in questa disciplina. Secondo la definizione dell'economista statunitense, i common pool resources sono sistemi di risorse naturali di cui beneficiano più attori, dove l'uso della risorsa da parte del singolo sottrae alla quantità disponibile anche agli altri.
Attraverso lo studio dei common pool resources di successo, Elinor individuava una serie di principi (design principles) che si possono ritrovare costantemente nei casi più virtuosi di gestione di questi sistemi. Tra questi principi, due sono particolarmente utili al nostro discorso: la presenza di (a) un sistema di monitoraggio e la presenza di (b) un sistema di sanzioni. Elinor scopre infatti che i più longevi tra questi sistemi, utilizzano un sistema di monitoraggio che prevede la presenza di monitors (che possono essere scelti tra gli utenti della risorsa, o figure esterne) con il compito di “gettare un occhio” allo stato della risorsa e al comportamento dei beneficiari della stessa. Tale sistema è affiancato da un sistema di sanzioni graduali (la cui entità dipende dalla gravità del comportamento e dal contesto in cui è avvenuto).
Vorrei richiamare la vostra attenzione su un elemento che non solo è molto interessante, ma che costituisce anche il focus del nostro ragionamento. I common pool resources sono sistemi decentralizzati in cui la cooperazione tra gli attori coinvolti è un elemento chiave. Come abbiamo visto nella nostra ultima Rubrica, la decentralizzazione è anche una peculiarità della tecnologia blockchain. Infatti, quest’ultima si basa su un network peer-to-peer, dove tutti gli attori coinvolti (i nodi, in gergo tecnico) si trovano sullo stesso piano. In entrambi questi casi, la decentralizzazione significa che non vi è un individuo/elemento che ha un peso maggiore di un altro. Sarà possibile che una tecnologia decentralizzata come la blockchain possa supportare nella gestione di un sistema decentralizzato come lo sono i common pool resources?
Ebbene si. La tecnologia blockchain può supportare nell’implementazione di un sistema di monitoraggio e sanzione decentralizzato così come auspicato dai common pool resources. In che modo? La blockchain altro non è che un record di informazioni, rese sicuro dall’utilizzo della crittografia. Ora, laddove un monitoraggio decentralizzato potrebbe rivelarsi problematico, poichè richiederebbe un elevato grado di trasparenza, e una potenziale violazione della privacy, un beneficio analogo potrebbe essere raggiunto in un sistema decentralizzato tramite la blockchain attraverso una verifica a posteriori. In tal modo, le informazioni non sarebbero di pubblico dominio, ma piuttosto accessibili in un secondo momento ad una terza parte. Per quanto riguarda invece l’implementazione di un sistema di sanzione decentralizzato, la blockchain (tramite i cosiddetti smart contracs) potrebbe rendere automatico il rispetto di determinate regole, secondo un sistema di automazione ex-ante. Un esempio di automazione ex-ante è la macchinetta del caffè. In questo caso, non è possibile eludere il rispetto del contratto poiché se non inserisco le monete la macchinetta non ci penserà due volte a non elargirmi il mio bicchiere di caffè.
Un esempio di tecnologia blockchain applicata ai beni comuni ci viene da una giovane donna, ingegnere e designer digitale. Si tratta di Provenance, una applicazione basata sulla blockchain che permette di tracciare la supply-chain di diversi tipi di risorse, dalla loro origine fino alla vendita. L’obiettivo di Provenance, come lo stesso nome evidenzia, è di incrementare la trasparenza delle supply-chain dei nostri mercati. In particolare, l’applicazione è stata utilizzata nell’ambito dei common pool resources, nel tracciamento del tonno in Indonesia. Per saperne di più, date un’occhiata al video che pubblichiamo qui:
Il 16 Marzo si è svolto il workshop Impact Meets Digital: Empowering Social Impact, di cui il centro di ricerca Markets, Culture and Ethics (MCE) è stato uno dei promotori.
Il workshop ha rappresentato l'occasione per riflettere su come la trasformazione digitale offra l'opportunità di aumentare la capacità di creare empowerment da parte delle organizzazioni del terzo settore. Al tempo stesso però, le tecnologie digitali, con la molteplicità e versatilità dei loro utilizzi, fanno parte di un universo che è ancora avulso dalle pratiche di molti operatori e organizzazioni del terzo settore. Di qui l'esigenza di colmare un gap e permettere a chi opera nel terzo settore di mettere a valore la rivoluzione digitale in atto. Il workshop ha dunque rappresentato l'occasione di incontro tra gli operatori del terzo settore e i tecnici del digitale.
Quando il professor Giacomo Sillari, docente di Epistemologia presso la Luiss Guido Carli, ci ha proposto (su richiesta della maggior parte dei dottorandi!) di approfondire temi di blockchain e bitcoin, non so se mi è partito prima lo sbadiglio o se si è arricciato il capello.
“Ma cosame ne faccio? L’arabo ancora non lo parlo…”: queste, alcune delle considerazioni che mi si sono affacciate nella mente. Una volta a casa, però, seduta alla scrivania con il materiale di fronte, mi sono resa conto di non avere molta scelta: annoiarmi trascinandomi davanti a pagine e pagine di articoli, o tentare di trovarci qualcosa di interessante. Dopo qualche resistenza ho optato per la seconda e vi confesso che non me ne sono affatto pentita! La blockchain ha dell’affascinante, e le sue applicazioni lasciano largo spazio alla creatività.
Volete imbarcarvi anche voi in questo piccolo viaggio?
Quando si parla di blockchain ci si riferisce ad un registro digitale pubblico di transazioni, o più in generale di eventi digitali. Una sorta di data-base (digitale) di dati. La tecnologia blockchain è intrinsecamente connessa al bitcoin, il tanto chiacchierato denaro digitale (sebbene, come vedremo, la tecnologia blockchain possa essere utilizzata in molteplici settori).
L’origine del bitcoin ha del curioso. Nel 2008, un individuo o gruppo di individui sotto il nome di Satoshi Nakamoto rese pubblico l’articolo Bitcoin: A Peer-To-Peer Electronic Cash System, in cui veniva descritto uno scambio di denaro elettronico “alla pari” (peer-to-peer), senza far ricorso ad una “istituzione” centrale garante. Solo qualche mese dopo, il 3 Gennaio 2009, il primo “blocco” (Genesis Block) veniva registrato sul web. Ma più nello specifico, di cosa si tratta?
Come suggerisce lo stesso nome, la “block-chain” è una “catena di blocchi”, in cui ciascun blocco contiene una serie di informazioni, che variano a seconda del tipo di blockchain: nel caso del bitcoin, ciascun blocco contiene informazioni su transazioni economiche. Ciascun blocco è collegato all’altro (si parla infatti di «catena di blocchi») e questo contribuisce a garantire la sicurezza delle informazioni. Infatti, se qualcosa cambia all’interno di un blocco, tale cambiamento viene “registrato” su tutta la catena, rendendola invalida.
La tecnologia blockchain non si limita però solamente al bitcoin e alla finanza: acquisto di beni o servizi, pubblica amministrazione, agri-food, assicurazioni, sono solo alcuni dei settori in cui questa tecnologia si rivela molto promettente. Una delle caratteristiche principali della tecnologia blockchain è di essere una «infrastruttura decentralizzata». E cioè? La blockchain è una rete di relazioni, una rete di scambi, in cui non vi è un’istituzione centrale alla quale gli altri attori devono far riferimento. Nell’infrastruttura blockchain, tutti gli “attori” coinvolti hanno lo stesso peso, e quindi lo stesso potere decisionale.
La decentralizzazione sembra proprio essere una delle parole chiave del nostro tempo. Se ne parla molto, ad esempio, nell’ambito della sharing economy (“ma quante brutte parole tutte insieme!”, starete pensando). L’Oxford Dictionary definisce la sharing economy come un sistema economico in cui beni e/o servizi sono condivisi tra privati, gratuitamente o tramite il pagamento di una fee, solitamente tramite l’utilizzo di internet. Un esempio ben noto a tutti è il servizio di car-sharing, le cui macchine colorate impazzano nelle nostre città. La decentralizzazione si realizza essenzialmente nel fatto che un bene/servizio (la macchina, ad esempio) sia di uso comune, ovvero diversi attori ne possano usufruire alla pari.
Vi è una relazione tra blockchain e sharing economy?
Tanto la blockchain quanto la sharing economy fanno perno sulla decentralizzazione; ci dovrà quindi pur essere una sinergia tra le due! Ebbene sì, e le applicazioni sono indefinite. La tecnologia blockchain, infatti, permette proprio di “abbassare” il livello “decisionale”-operativo agli individui, allontandosi dal meccanismo per cui vi debba necessariamente essere un centro, una terza parte che funga da mediatore o garante. In questo senso, la Blockchain facilita l’emergere di un nuovo tipo di organizzazione: un’organizzazione decentrata.
E proprio su organizzazioni decentrate e sharing economy, Venture Thinking (VT), think tank di imprenditori e filosofi, ha qualcosa da dirci. La fondazione, nata in tempo di pandemia per favorire la collaborazione tra imprenditori, sta portando avanti il progetto Dall’HeadQuarter all’HubQuarter. L’idea è semplice, e allo stesso tempo geniale. Consiste nel mettere a sistema spazi di lavoro, di aziende private o enti pubblici, al fine di creare ambienti di co-working. Daniele Di Fausto, CEO di eFm e founder di VT, lo ritiene il superamento dell’«idea ufficio-centrica del lavoro, per sfruttare i vantaggi della sharing economy». Chiaramente, tecnologia e digitale sono fra gli ingredienti imprescindibili del progetto. Mi domando, allora se, fra gli altri, la blockchain possa essere uno strumento che possa magnificarne l’impatto. Ed effettivamente, scopro che altri progetti di co-working (Primalbase è uno di questi, ad esempio) stanno sperimentando proprio la tecnologia blockchain, attraverso l’utilizzo di digital tokens per abilitare gli utenti all’uso degli spazi.
All’inizio della pandemia, la tecnologia ci ha permesso di “rompere le barriere” portando avanti il nostro lavoro da remoto, nelle nostre case adibite ad uffici. Adesso, questo non è più sufficiente. Rompere le barriere sì, ma questa volta per tornare a stare in relazione, in maniera nuova.
Mi vengono in mente le parole di papa Francesco, lette scorrendo la home di LinkedIn: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla».
Il dialogo continua con Daniele Di Fausto, CEO di eFM.